Antonio Pellati
     
   

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Critiche

Arte

Affido a queste righe il tentativo di spiegare il mio punto di vista sull'arte. Sapete com'è, magari qualcuno, da qualche parte, ne sentiva la mancanza e così sto provvedendo :-). Tenete conto che è il mio modesto punto di vista, potete condividerlo o meno, e se lo scrivo in maniera cattedratica è solo per comodità di espressione.

L'arte è, essenzialmente, comunicazione. E' da questo termine che si deve partire per una corretta definizione dell'arte. La definizione più precisa che ho trovato a oggi di comunicazione è: "La considerazione e l'azione di spingere un impulso o particella da un punto sorgente attraverso una distanza ad un punto ricevente con l'intenzione di produrre al punto ricevente una duplicazione e comprensione di ciò che è stato emanato dal punto sorgente." Potrebbe essere di molto semplificata con la seguente definizione: "L'interscambio di idee attraverso lo spazio" ma si lasciano date per scontate troppe cose importanti per capire correttamente la comunicazione. Dunque abbiamo due punti, uno è la sorgente della comunicazione e l'altro è il punto ricevente. Nella comunicazione a due sensi normalmente la cosa si inverte, il punto ricevente diventa a sua volta sorgente e viceversa, ma nell'arte il ciclo di comunicazione segue un circuito leggermente diverso. Tra questi due punti c'è l'invio di una particella o impulso dal punto sorgente verso il punto ricevente. Ad esempio il pittore fa un quadro e lo espone e la persona si ferma a guardarlo. Possono accadere a questo punto diverse cose interessanti. La scena ideale prevede che la persona dica qualcosa come "Bello!!" mostrando di aver duplicato e compreso il "messaggio" dell'artista. Magari appone la sua firma con qualche parola di apprezzamento sull'eventuale libro firma della mostra e questo costituisce la comunicazione di risposta verso l'artista. La persona potrebbe invece dire "Bho?" manifestando il fatto di non aver duplicato e compreso il "messaggio" dell'artista. Questo, a mia esperienza, succede spesso nelle rappresentazioni artistiche e rappresenta un fallimento di comunicazione. Parlare in contemporanea con molte persone è una cosa che non fanno tutti e che richiede una tecnologia propria. Se vi è mai capitato, parlare a tante persone insieme, concorderete che è decisamente diverso che parlare con due o tre persone al massimo. E non intendo il parlare a venti amici per organizzare un torneo di calcetto, dove ci si conosce e l'argomento è condiviso e noto, intendo parlare a un pubblico di gente mai vista prima per spiegare un argomento poco noto e fonte di richieste di chiarimento! L'artista crea la sua opera in un tempo diverso dal momento in cui il pubblico potrà ricevere il messaggio. Il quadro, la poesia, la rappresentazione teatrale sono ordinariamente preparati in un posto senza pubblico, dove l'artista studia, con i mezzi messigli a disposizione dalla sua arte, dal suo estro, dalla sua esperienza, dalla sua voglia di esprimere qualcosa in quell'esatto modo in cui vuole esprimerlo e prepara il messaggio. Il momento in cui l'opera è esposta al pubblico c'è il momento in cui avviene l'invio del messaggio alla persona. E' un po' come se telefonate su Marte: voi dite "Che ore sono?" e vi rispondono dopo trenta minuti. Nel frattempo potrebbe essere cambiato tutto. Magari ci avete pensato su e vi sentite stupidi a chiedere l'ora a chi non può rispondere in tempo utile. Magari ora avreste delle cose veramente intelligenti da dire. Nella normale comunicazione questo si corregge in maniera talmente rapida che alle volte nemmeno si nota. Se chiedete "Che ore sono?" e vi rispondono "What?" voi seduta stante partite con la traduzione in inglese della domanda o con una esibizione mimica che faccia arrivare comunque il messaggio. In breve: normalmente è il punto sorgente che, dovendo iniziare la comunicazione, si pone nelle condizioni di essere duplicato e compreso facilmente. Non sempre ci riesce. In ogni caso, se non siete tra radioamatori o fisici, non vi verrebbe in mente di dire "Mi dai l'attuale riferimento all'ora UTC secondo il tuo orologio?". Vi aspettereste che in tutte le lingue il vostro interlocutore vi dica "Che cosa?". Sapreste in partenza che non sareste compresi dalla maggioranza delle persone. Dall'altra parte, il punto ricevente, tenta sempre di comprendere cosa gli stanno dicendo e su questo ci si può fare affidamento ma chiaramente non si può esagerare. E su queste considerazioni si innesta il resto della definizione di arte. L'arte, in una parola, riassume la qualità della comunicazione.
L'arte segue le leggi della comunicazione. Troppa originalità, ad esempio, getta gli spettatori nella non familiarità e quindi nel disaccordo perchè, come spiegato sopra, la comunicazione contiene duplicazione e l'originalità è nemica della duplicazione. Una cosa originale attira l'attenzione ma la persona resta a cercare di capirla per diverso tempo, l'avete notato? Se la cosa è troppo originale, dopo un po' che la osserva, la persona non riesce a capirla e sbotta in un rifiuto. Vi è mai capitato? La tecnica non dovrebbe superare il livello di funzionalità necessario per ottenere la comunicazione. Non si può raggiungere la perfezione a scapito della comunicazione. Ci sono due possibilità: o "allevate" un pubblico che sia in grado di capirvi (e potete arrivare così dove volete, magari a scrivere poesie in Klingoniano arcaico: ovviamente avrete un pubblico molto selezionato), oppure cercate di darvi una regolata per arrivare a comunicare in modo da essere capiti dalla maggioranza delle persone.
A questo punto dovrebbe esservi chiaro che se davanti a un quadro, una poesia o una rappresentazione "moderne" vi siete sentiti inadeguati, non avete capito, vi siete ritrovati a confessare a voi stessi o agli astanti "Forse non capisco l'arte moderna" o "Non sono portato per l'arte" in realtà eravate fuori comunicazione con l'artista: parlava una lingua che non conoscevate. Se eravate in un posto dove si entrava solo con invito probabilmente qualcuno si è sbagliato nell'invitarvi. Se eravate in un posto pubblico probabilmente l'artista ha chiesto troppo dal povero punto ricevente...
Ovviamente ogni forma d'arte ha i suoi mezzi espressivi, le sue tecnologie, i suoi metodi per entrare in contatto con le persone e trasmettere il messaggio dell'autore. A sua volta l'artista ha completo campo libero per l'uso di tutto ciò e ha la facoltà di dire tutto quel che vuole o quel che gli riesce di dire. Compreso il non voler dire assolutamente niente o non essere in grado di dire nulla (o magari nulla di nuovo!).
Ci sono stati così tanti artisti che sono risultati incomprensibili ai più e così tanti che hanno comunicato messaggi di difficile comprensione dedicati a pochi eletti che oggi molti "punti riceventi" sono andati decisamente oltre il tentativo di capire cosa voleva dire l'artista e cercano nell'opera cose che non ci sono. Voglio dire: un quadro che rappresenta un bellissimo paesaggio intitolato "Paesaggio al tramonto", fatto da un'artista che sta facendo una personale con decine di paesaggi NON RAPPRESENTA "la lotta tra il bene e il male dove la luce rappresenta il bene che alle volte soccombe all'incedere della notte che rappresenta il male". Osservate l'ovvio che è davanti a voi. L'artista ha impiegato del tempo per fare quell'opera, ha usato molti dati che gli hanno richiesto tempo per apprenderli. Se vi distaccate un momento dalla vita che vi pulsa attorno, se osservate l'opera senza fretta, se vi immedesimate nell'osservatore che sta vedendo dal vivo quel paesaggio non vi verrebbe spontaneo girarvi e dire al vostro vicino "Bello, eh?". Bene, quello era il "messaggio" dell'artista per quell'opera. Certo, direte voi, ma oggi basta una macchina fotografica e una stampante e te lo faccio meglio e più definito! Si? E se vi dicessi che quel paesaggio è un'invenzione dell'artista? Come fareste a riprenderlo? Un professionista è in grado di fare in maniera semplice cose complicatissime e soprattutto non se la tira perchè sa che c'è altro che deve apprendere. Per essere belle le cose non devono per forza essere complesse.
C'è da spiegare come mai si è giunti a questo "scollamento" tra punto sorgente e punto ricevente.
Ci mancherebbe che all'artista fosse vietato l'essere originale o di percorrere nuovi metodi espressivi! Ciò non di meno è successo, a mio dire, qualcosa all'arte. Fino a un certo punto la gente guardava un quadro e lo capiva in massa, ora la cosa è molto più difficile. Richiede lo studio del linguaggio che sta usando l'artista, richiede da parte del punto ricevente un impegno particolare. In poche parole lo spettatore deve acquisire la cultura di un critico d'arte perchè l'artista si sta rivolgendo a lui pittosto che ad altri. Penso che la cosa sia andata così: all'inizio il pittore vendeva quadri a chi glieli commissionava. La cosa era semplice. Se il committente voleva una Madonna col Bambino lui gli faceva una Madonna col Bambino e la doveva fare in modo che fosse convincente a piena soddisfazione del committente e dei suoi amici che andavano a casa sua per vedere il nuovo acquisto. Questo creava il passaparola e l'artista era quotato perchè richiesto da molti committenti che si mettevano in coda volentieri per avere una sua opera. Poi le cose si sono invertite, il pittore crea il quadro e tenta di venderlo e l'acquirente acquista principalmente per avere un valore in casa. Chi decide se il quadro vale davvero, a chi lo chiede l'acquirente? Al critico d'arte e quindi il pittore sta dipingendo per lui. Il critico d'arte è ordinariamente una persona colta, che ovviamente conosce la storia dell'arte, le tecniche, perfino gli aneddoti e i retroscena su artisti, mostre, gallerie, musei. E' dura, molto dura! Il critico non vede una mostra all'anno, ne vede una al giorno! Se è bravo è in grado a occhio di dirti quanto tempo hai impiegato per fare quel quadro, lo può paragonare a centinaia di altri artisti che ha personalmente conosciuto, può creare la differenza tra un artista di fama e uno che fa la fame. Penso che il sogno di molti pittori sia quello di vedere entrare Vittorio Sgarbi (lo cito perchè è tra i più noti ai non addetti ai lavori) in una personale che dopo aver visitato la mostra si complimenta con lui e lo cita in qualche suo discorso. Perchè parlo di quadri io che fo il poeta? Scrivere una poesia è tutto tranne che costoso. Per carità, il tempo vola anche per il poeta. Se avete in mente che un poeta è uno che all'improvviso è colto dal raptus dell'ispirazione, afferra penna e carta e poi nel giro dei successivi sei minuti ha partorito la sua opera, bè, non fate il mio nome. :-) Ovviamente mi è capitato anche questo ma poi, per vedere se la cosa è buona, davvero comunica, non si poteva dire in forma migliore la limo per almeno una mesata...
Un pittore deve comprare/costruire una tela, deve comprare/costruire i colori, deve riempire la tela di colore, deve comprare/costruire una cornice. Solo per avere un'opera ha comunque delle spese vive non indifferenti. Per fare una mostra deve avere dipinto almeno una ventina di quadri, a dire un minimo, deve pagare il rinfresco di apertura mostra, trovare eventualmente degli sponsor per l'uso dei locali: è un impegno economico non indifferente. Alla fine devi riservare degli spazi per i quadri che hai fatto e se vi sembra una cosa semplice provate a pensare dove potete mettere in casa vostra una quarantina di tele da conservare bene per poterle esporre e di organizzarvi per poterle movimentare da una mostra all'altra. Senza rovinarle. A questo punto, se dopo tutto ciò vi trovate un critico che passa per la vostra mostra e vi fa capire che i vostri quadri sono belli ma... quel blu... non è un po' troppo blu? Penso che trovereste del tutto normale eliminare tutto il blu dal vostro prossimo dipinto. ;-) (Per inciso, sarà mica per questo che dei pittori sono passati dal periodo blu al periodo...).
Non temete, anche i poeti hanno i loro critici. Sono gente preparata, professori universitari e oltre!
E i poeti spesso scrivono per loro, ovviamente.
Io ho sempre scritto le mie poesie nella mia "stanzetta" ad uso esclusivo mio e di pochissimi altri. Qualche volta le ho fatte leggere a qualche amico perchè viene il momento che ti domandi se c'è qualcosa di buono in quel che fai anche a parere altrui. Mi hanno sempre detto "Bella", lasciandomi col dubbio se la poesia fosse davvero bella o ero io che avevo davvero buoni amici...
Tempo fa mi "hanno incastrato" (troverete questa storia tra le pieghe del sito) e mi sono trovato a mettere alcune mie poesie in mostra in un posto in cui c'era molta gente di passaggio. Ho così scoperto che le mie poesie sono piaciute a moltissima gente che mi ha lasciato messaggi molto lusinghieri e, (incredibile!) mi hanno chiesto una copia delle poesie in mostra tanto che mi hanno comprato tutti i libretti che abbiamo stampato in fretta e furia. "Gasata" da questo successo, mia moglie mi ha iscritto ad un concorso locale. Incuriosito dai risultati mi sono iscritto ad altri concorsi e ho scoperto che sono fuori target. Io non scrivo per il critico e lui non mi capisce. In effetti è una cosa semplice: come si fa a premiare una poesia? La cosa più spontanea sarebbe "Caspita, senti che bella questa!" ma se ci pensate su, è anche poco percorribile. Su una giuria di cinque persone ci sarebbero cinque poesie bellissime e che si fa? Allora si passa al giudizio tecnico e il tecnico non è detto che sia un esteta. Ho visto poesie vincere perchè si era usato un vocabolo presente con una certa definizione, in una certa edizione di un certo vocabolario. Ho studiato l'argomento e ho visto che non avrei difficoltà a scrivere poesie "moderne". Non dico che riuscirei a vincere un concorso ma sono ragionevolmente sicuro che qualche piazzamento potrei raggiungerlo. Ma non sono fatto così, non è così che mi piace scrivere poesie, non faccio il poeta per vivere e quindi ho deciso di concorrere quando possibile ai concorsi semplicemente perchè mi piace la competizione e concorrerò con le mie poesie fuori target.
Mi piace creare l'ambiente, prendere il lettore e portarlo, ad esempio, con l'uso di termini desueti, in pieno medioevo e trasmettergli un messaggio complesso, il punto di vista di un servo della gleba che si trova a vivere un torneo come l'unico evento della sua vita in cui non tutto quel che ha visto ha capito e che di tutto questo non è rimasto niente che ne valesse la pena. Come noi che parliamo di globalizzazione e non sappiamo bene cos'è...
Il risultato può piacere o meno, per carità. Potrei aver incluso errori marchiani di grammatica, non essere riuscito a comunicare alcunchè, potrebbe non piacere il mio modo di creare l'ambiente. Potrebbe essere semplicemente una brutta poesia.
Ma è comunque un opera che ho creato io per il mio pubblico che è fatto di tante persone comuni che considero speciali. Se il mio pubblico non la capirà vorrà dire che non sono riuscito a comunicare correttamente con lui. Se non gli piacerà probabilmente non sarà abbastanza estetica. Pubblicando qui le mie poesie e i miei racconti avrò modo di capire che effetto avrò creato nel punto ricevente e potrò migliorare la qualità di quel che creo.

Vi ringrazio per essere arrivati a leggermi fin qui.

 

Antonio Pellati